Simenon – L’America in automobile

Te la dà lui (Simenon) l’America come era nel 1946. O nel 2023? Ero convinto che le due ore che ho trascorso in frontiera la scorsa estate fossero da imputarsi alla disorganizzazione degli statunitensi (i loro colleghi canadesi fanno le stesse cose in cinque minuti) ma ecco che Simenon mi presenta la faccenda da un altro punto di vista. Ci vuole tanto tempo a passare il confine perchè una volta stabilito che si può stare negli USA nessuno controllerà più i nostri documenti, neppure per stabilire se si ha l’età per usufruire di un biglietto ridotto. Non è scontato invece che si abbiano mezzi di pagamento, e infatti si è molto puntigliosi con le carte di credito.

Già nel ’46 – pur essendoci la segregazione razziale – non era possibile usare la n-word. Non si parlava ancora di afro-americani ma di “colorati“.

E poi ci sono cose che sono diventate comuni anche in questa parte dell’Atlantico: parchimetri, supermercati, catene di negozi, l’omologazione dei centri abitati (i nonluoghi). Scopriamo con Simenon che l’Atlantico è diventato meno ampio o che prima o poi adotteremo le abitudini americane, non tanto per imperialismo yankee quanto perchè sono logiche e comode.

Poi è ovvio che gli USA siano proprio come ce li mostrano i film: è indispensabile che lo spettatore rispecchi la propria quotidianità nel mondo descritto dal cinematografo (o dalla televisione). Meno ovvio che il paese continui ad essere rurale: scoprire che la capitale del Vermont è un paesino fatto di due strade che si incrociano, dominato dalla gigantesca cupola del palazzo governativo è uno di quei piccoli esempi di quanto spesso i nostri giudizi rimangano alla superficie delle cose.