Pinter – Il compleanno

È un mio sogno ricorrente piombare dalla banale quotidianità alla follia incespicando casualmente in un dettaglio insignificante. Cosa di più ovvio e insulso di una festa di compleanno in cui si decide di fare un gioco infantile e stupido come “Moscacieca”? All’accecamento provocato ad arte per il gioco se ne aggiunge un altro – imprevisto: salta un fusibile così che tutta la casa piomba nel buio. Non è più la sola Moscacieca a essere incapace di vedere, ma ogni singolo personaggio. E per parafrasare Goya il buio genera mostri: nella notte ognuno di noi può far trasparire ciò che nel giorno si tiene nascosto.

Sciocco? Banale? Possibile. Di certo è ricco di conseguenze. Il mondo stralunato dalla cecità non segue più l’ordine naturale. Violenza fisica, sessuale, freni inibitori eliminati. Com’è nella ripresa di una forma sonata, l’impressione all’inizio della seconda parte che sia rimasto tutto come all’inizio si dissolve in fretta. Non abbiamo sognato e i fatti realmente accaduti hanno delle conseguenze pratiche. Alcuni personaggi debbono andarsene lasciando chi resta a gestire i postumi della follia. Ciò che è stato fatto non può venire sfatto, per dirla con Lady Macbeth.

L’allestimento lascia intravedere oltre la porta un uniforme biancore nebbioso che contrasta con il sole mediterraneo di cui si parla nel testo. Un buon straniamento così come Maddalena Crippa trasformata da sciapa casalinga in vamp e ritorno o Alessandro Averone che diventa un impressionante Stanley autistico.