In margine a un’ Anatra all’arancia (Solfrizzi, Natoli)

Non ci vuole il genio di un Freud per capire che Lisa ha imbastito la sua tresca con Leopoldo per farsi riconquistare dal marito. Poco importa che il catalogo delle sue belle sia molto più corposo di quanto la povera donna riesca ad imbastire. Non siamo in Dario Fo, che – volendo non solo divertire ma anche ammaestrare – punisce il dissoluto nella sua coppia aperta.

Lo scopo di questa commedia è invece soltanto divertire. Il malcapitato telefonino di qualche cafone seduto nel palco è stato abilmente inserito nel testo recitato così che soltanto al momento degli applausi finali Solfrizzi ha spiegato quanto era accaduto. Verissimo: queste appendici elettroniche nelle mani di minus habens incapaci di silenziarli uccidono la magia del teatro riportandoci alla realtà. Però dei buoni attori (e Solfrizzi con i suoi compagni fanno parte di questa categoria) riescono a salvare il fascino della recitazione di fronte a un vero pubblico.