Gallerie d’Italia – Milano – Moroni

Lucia Vertova Agosti ha uno sguardo intenso. Una bella donna, indubbiamente, con dei riccioli rossi ben ordinati e i fiorellini all’orecchio come una Odette controriformata. Ma non è più giovanissima: si vedono le occhiaie, il tessuto del volto comincia a rilevare il gonfiore dell’età, indovino pure qualche ruga sulla fronte. La sincerità di questo ritratto giustifica la visita della mostra che Gallerie d’Italia dedica in Milano a Giovanni Battista Moroni.

Spesso i curatori mettono fianco a fianco quadri di Moroni con opere di altri autori che lo hanno ispirato. La posa di questo Alessandro Vittoria è identica a quella di Giulio Romano nel dipinto di Tiziano.

Ancora più curiosa la somiglianza fra la Trinità di Lotto e quella di Moroni. Nel primo Dio è soltanto un’ombra indistinta e il Figlio è un Ecce homo che mostra a noi San Tommasi le proprie piaghe mentre poggia i piedi su un concretissimo iri da iri dantesco.

Nella versione di Moroni un solo arcobaleno appena accennato in vita di un Cristo Re che tiene in grembo un globo terrestre in cui si riconoscono non solo l’Asia, l’Africa e l’Europa ma anche il Brasile e la costa canadese. Alle sue spalle il Padre è un signore anziano che si è rimboccato le maniche della camicia come se fosse un coltivatore diretto.

Mi sembra poi il caso di citare questo Tiziano che vuole fare del virtuosismo dipingendo il suo prelato dietro un velo sottile. Man mano che lo sguardo scende nel terzo inferiore del quadro si accende la mia ammirazione per la poetica impressionistica dell’abito talare e per il modo con cui la mano infilata nel libro prende una consistenza degna dei Papi Urlanti di Bacon.

E se hanno ragione i curatori affermando che questo Uomo in nero anticipa i toni della pittura di inizio ‘900 non posso non ricordare quanta ricchezza di sfumature viene ricavata dalla passione controriformista per il nero (cito giusto en passant Van Dyck).