Zaide Como 2020

La vicenda di Zaide guarda, più che al futuro Ratto dal serraglio, a una novella di Cervantes in cui una bella fanciulla moresca scappa verso la Spagna con uno schiavo cristiano. I due fuggiaschi vengono però catturati e rischiano il patibolo. Notoriamente le regole del Singspiel impongono il lieto fine, non sappiamo però come vi si giungerà, dato che Mozart ha interrotto la composizione dopo il quartetto in cui i protagonisti tremano per la propria vita.

Italo Calvino, che ricevette da un giovanissimo Vick l’incarico di scrivere i dialoghi dell’opera incompiuta, non solo fornisce alcuni intrecci alternativi ma imbastisce quattro possibili finali, tutti quanti presentati dall’allestimento offerto dal teatro comasco. Questo è reso possibile dal linguaggio meta-teatrale: un’inserviente racconta la vicenda e rende conto delle opzioni narrative disponibili. Non male e affatto chiaro per lo spettatore – purtroppo in questo momento non si può parlare di pubblico reale.

Il problema è costituito dai cantanti il cui tedesco ha un marcatissimo e fastidioso accento bustocco. Non aiuta la pesantezza dell’orchestra dei Pomeriggi musicali: l’aria di Osmino sembra essere infarcita più di colpi di tosse che di risate, il coro dei prigionieri iniziali non ha nerbo, si perdono per strada tutte le occasioni di brio e sorriso. Mi è piaciuta Giuliana Gianfaldoni: potrebbe essere se non una buona Costanza sicuramente un’ottima Bionda ma in questo quadro è molto difficile esprimere con sicurezza un qualsiasi giudizio. Di certo consiglio un profondo studio della pronuncia tedesca.