Nozze di Figaro ginevrine

Il dettaglio illuminante giunge al secondo atto. Cherubino, scambiati alcuni inequivocabili sguardi languidi con Rosina, posa il capo sul grembo della contessa. La donna, gli occhi alzati al cielo, come le sante di Francesco Cairo, geme in orgasmica estasi “Chi bussa alla mia porta?”. Evidentemente non si riferisce al marito che sta tentando di aprire la stanza ma a Cherubino, desideroso di entrare nel suo corpo (La madre colpevole ci informerà che il paggio ha messo incinta la contessa).

E nel quarto atto basta levare l’aria di Don Bartolo perchè Il capro e la capretta e Aprite un po’ quegli occhi vengano uno dopo l’altro, due visioni alternative – una femminile e l’altra maschile – del mondo.

Tobias Richter non ha saccheggiato un negozio di elettronica nè traspone la vicenda ai giorni nostri perchè ha l’intelligenza di leggere il testo di Da Ponte con occhio moderno. Gli basta dunque poco per intravedere – suppongo in tutta la trilogia mozartiana – la storia di una attualissima guerra tra i sessi in cui sono i maschi a soccombere. Il piano di Figaro viene ripreso e rivoltato da Susanna e Rosina che fanno ciò che vogliono dei propri compagni. Non si tratta più di difendere una verginità (L’onore! Dove diamin l’ha posto l’umano errore!) ma la dignità del povero sesso da questi ingrati a torto oppresso.

Con Marko Letonja e l’orchestra della Svizzera Romanda abbiamo un Mozart brioso e leggero. Non una frettolosa corsa all’abisso ma il giusto equilibrio di riflessione e risata, lirismo e sberleffo. Grande orchestra, ottimi cantanti. Uno spettacolo divertente, profondo e ben riuscito.