Fidelio/Ludwig/King – Berlino 1963

E’ una registrazione fatta con tutta probabilità in un teatro vuoto, magari con un poco di play-back. Non so come spiegare diversamente l’abbondanza di primi piani frontali e l’ottima qualità audio e video del documento.

Mezzo secolo di distanza si vede nell’allestimento, che riproduce le didascalie e i costumi proprio come ogni melomane se li immagina. La gestualità rimanda forse a una estetica da film muto, molto scontata e semplice. Potrà sembrare anche ingenua ma mi sembra affatto preferibile alla sconclusionata agitazione che domina i palcoscenici di oggi.

L’inizio mi appare frettoloso e impersonale. Forse però ha un senso. Jaquino e Marcellina, che pure ricompariranno con le sembianze di Erik e Senta, sono residuati di un mondo – quello del Singspiel – che Beethoven sta seppellendo. Il loro sentimentalismo di maniera ha i secondi contati e liquidarlo con questa nonchalance rende solo più marcato il contrasto con il quartetto “Mir ist so wunderbar”. Stavolta riesco a immaginare lo stupore del pubblico di fronte a un “numero” affatto incongruo per questo genere di spettacolo.

Joseph Greindl è stupendo. Daland è un bel passo indietro rispetto a Rocco. Qui Beethoven ci offre un personaggio molto ambiguo, che sembra rifiutarsi di uccidere Florestano più per considerazioni sindacali che morali. E’ l’influenza di Leonora/Fidelio a spingerlo verso la strada della bontà, tanto che Don Pizarro ha buon gioco nel finale a chiamarlo come correo. Chi è Rocco: un opportunista? un vigliacco? Un animo nobile costretto all’empietà suo malgrado? Che in un Singspiel si possano porre simili dilemmi la dice lunga sulla novità di Fidelio. Certo è che Greindl sa giocare a meraviglia tutte le sfaccettature di questo personaggio.

Non c’è dubbio invece che Pizarro sia malvagio. Berry – il cui aspetto mi ricorda Fernandel vestito da azzimato uomo di mondo – è indimenticabile. Una lezione di canto e scavo del personaggio.

Christa Ludwig ha la voce giusta per Leonora: un registro grave ben sviluppato accompagnato dalla capacità di salire nel pentagramma in una parte disumana. La sua aria del primo atto è un monumento sia tecnico che espressivo e scuote proprio nel profondo del cuore. A una Leonora così stellare si accoppia James King. Re di nome e di fatto.

Questo Fidelio emozionante è molto più di un documento storico. Va proposto a chi crede che Florian Vogt sia un’interessante opzione interpretativa.